Archivi della categoria: Politica

Il valore pedagogico dell’Esperanto

Negli anni, innumerevoli sono stati gli studi sul valore pedagogico dell’Esperanto. Essendo una lingua chiara, semplice e regolare, è naturale e logico pensare che possa essere propedeutica all’insegnamento di qualunque altra lingua nazionale, ovviamente meno chiara, semplice e regolare. Questi studi e quindi il valore didattico dell’Esperanto, nel 1995 sono stati riconosciuti ufficialmente dal Ministero della Pubblica Istruzione (Ministro Lombardi). Ecco archiviato il bollettino relativo.

Importante riconoscimento per l’Esperanto e il Movimento Esperantista

Gli esperantisti Francis M. Hult e Humphrey Tonkin, rappresentanti presso l’ONU della UEA (Associazione esperantista universale) sono stati nominati rispettivamente presidente e vice presidente di un neonato Comitato linguistico. Il Comitato è stato costituito a New York da 23 importanti ONG sotto gli auspici della CoNGO (Conferenza delle Organizzazioni non governative in consultazione con le Nazioni Unite).

Ecco il collegamento all’articolo completo:

https://www.pressenza.com/it/2022/06/importante-riconoscimento-internazionale-per-lesperanto-e-il-movimento-esperantista/

La giustizia linguistica nella comunicazione UE

L’Associazione Esperantista Fiorentina ha colpito ancora (nel segno): ecco un’interessantissima conferenza del Prof. Michele Gazzola, collaboratore anche di diversi enti Trentini.

L’argomento è la giustizia linguistica, parte dei diritti fondamentali dell’uomo presente anche nella Dichiarazione Universale Dei Diritti Umani: […] Articolo 2 – Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, […]

Ecco il collegamento all’articolo principale a alla videoconferenza:

La Giustizia Linguistica nella comunicazione UE – Michele Gazzola

A che serve oggi l’Esperanto

A che serve l’Esperanto. È sempre lecito porsi questa domanda. Era lecito farsela ad inizio ‘1900, quando sembrava che la lingua Francese si avviasse a diventare la “lingua Franca” (la cui assonanza con l’etimologia dell’espressione faceva allora ben sperare per i francesi…), ma lo è ancora di più oggi che invece sembra sia l’Inglese orientato a diventare ciò che fu il latino, almeno per il contesto europeo.

E che male farebbe, qualcuno potrebbe pensare superficialmente, ad avere l’inglese come lingua franca europea?
Avevo già menzionato articoli che parlano dei costi europei dell’adozione dell’Inglese, un problema che persone molto qualificate denunciano da anni. Ma lasciando perdere per un momento i costi economici, abbiamo pensato a quelli culturali?
A questi ci ha pensato l’Accademia della Crusca, in un articolo di denuncia molto interessante quanto inquietante e, pare, inascoltato. Un paese che vive anche delle sue profonde radici culturali, forse dovrebbe pensare un po’ meglio a tutelare la propria eredità culturale e con essa il proprio futuro.

L’articolo dell’Accademia denuncia la situazione ma non indica un rimedio. Il problema è che le lingue nazionali non sono neutre per definizione, e tendono a schiacciare le lingue delle popolazioni che le adottano come strumenti di comunicazione ausiliare. È successo per il Greco, il Latino, e l’Arabo, e se la storia insegna qualcosa, è quindi lecito aspettarselo anche per l’Inglese.

Ma se nel caso di queste tre lingue si trattava di popolazioni assogettate, conquistate, sottomesse, per l’Inglese sembra sia una scelta di un popolo, quello Europeo, che almeno in teoria, non dovrebbe sentirsi tale, soprattutto dal punto di vista culturale.

Per gli Esperantisti il problema è ben chiaro e sono anni che ne discutono:

Possibile che in Europa e in specialmodo in Italia non si riesca a lottare per mantenere i propri diritti linguistici e culturali? Eppure la soluzione c’è da più di un secolo: l’Esperanto, una lingua neutra, di nessun paese e di tutti, rispettosa delle autonomie linguistiche. Più aspetteremo ad adottarla, più pagheremo in termini di impoverimento culturale.

In Europa ma soprattutto in Italia, possiamo permettercelo?

Giornata Europea delle Lingue (o forse no?)

Qualche giorno fa è stata la ricorrenza della “Giornata Europea delle Lingue” che si festeggia il 26 settembre di ogni anno. È stata proclamata la Giornata europea delle lingue dal Consiglio d’Europa, con il patrocinio dell’Unione europea, il 6 dicembre del 2001, l’anno europeo delle lingue (fonte: wikipedia).

La sua pagina esplicativa recita, alla voce “Cos’è la Giornata Europea delle Lingue?”:

[…]
Gli obiettivi generali della Giornata Europea delle Lingue sono: 

  1. informare il pubblico sull’importanza dell’apprendimento delle lingue e diversificare la gamma di lingue studiate con l’obiettivo di incrementare il plurilinguismo e la comprensione interculturale;
  2. promuovere la diversità linguistica e culturale europea, preservarla e favorirla;
  3. incoraggiare l’apprendimento delle lingue durante tutto l’arco della vita dentro e fuori la scuola per motivi di studio, per esigenze professionali, ai fini della mobilità o per piacere personale.

Ma sarà proprio vero? Ho una strana sensazione ma andiamo avanti…
La pagina prosegue poi nel capitolo dal titolo “A cosa serve la Giornata Europea delle Lingue?

Il Consiglio d’Europa si augura che questa giornata venga celebrata sia dalle autorità degli stati membri sia dai potenziali partner ai seguenti livelli:

  • fra i responsabili politici (misure specifiche e discussioni su questioni di politica linguistica…);
  • tra il pubblico in generale (sensibilizzare sugli obiettivi generali della Giornata, tra cui l’importanza dell’apprendimento delle lingue durante tutto l’arco della vita, a partire da qualsiasi età, in istituti scolastici, sul lavoro, ecc.);
  • nel settore del volontariato (azioni specifiche organizzate da e / o per le ONG, associazioni, aziende, ecc.) 

Non sembra esserci nessun cenno a nessuna lingua in particolare, ma poi si nota che:

  1. Tutto il sito sembra sia stato scritto il Inglese. Basta guardare i titoli e i nomi delle pagine per sincerarsene, per esempio il titolo e nome della pagina della descrizione è in inglese…”What is it?”
  2. Girando il sito ci si accorge di collegamenti non tradotti lasciati in inglese o intere pagine o documenti in cui mancano lingue, come l’Italiano, lingua di uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea ma l’Inglese … non manca mai!!!
    Per esempio lo stesso poster della manifestazione è tradotto in sole 10 lingue, tra le quali MANCA L’ITALIANO, e … sorpresa!… esiste la versione in inglese (ma l’Inghilterra non faceva più parte dell’Unione Europea?)
  3. L’intero sito sembrerebbe tradotto in base a ciò che in Europa viene considerato più importante e, man mano che si va verso il paese meno importante, mancano “pezzi”, pagine, documenti, ecc.
  4. Anche se non è scritto da nessuna parte sembra che esistano, oltre che paesi di serie A, B, C, ecc. anche lingue di serie A, B, C … per esempio l’Esperanto, parlato nel mondo da più di 2 milioni di persone di cui almeno la metà sono in Europa, non appare da nessuna parte, insieme a tutte le lingue minoritarie degli stati nazionali europei
  5. Viene riportato persino nel poster che ci sono lingue “225 Lingue Indigene” (la cui definizione sembra un po’ razzista) e che l’UNESCO ha dichiarato che nel mondo ci sono circa 6.000 lingue di cui il 43% è in pericolo di estinzione. Ma non sembra che con questa iniziativa vogliano veramente fare qualcosa se non spingere soprattutto l’inglese e le lingue più parlate in Europa, a discapito di quelle “indigene” meno parlate.
  6. Viene riportato un po’ dappertutto che sarebbe utile parlare almeno 3 lingue, ovviamente quali uno si chiede? La risposta appare sottintesa ma scontata: quelle più parlate, a discapito dei paesi e delle persone che parlano quelle meno parlate.

Tirando le somme la “Giornata Europea delle Lingue” non sembra uscirne bene. Il sito, volontariamente o inconsciamente sembra voglia spingere ad abbandonare le lingue meno parlate per unificare verso i gruppi linguistici più importanti, con l’Inglese in testa, indipendentemente dal fatto che non sia neanche una lingua Europea. Infatti gli unici due paesi europei che parlano inglese sono Irlanda (che ha dichiarato come lingua ufficiale l’Irlandese e non l’inglese) e Malta (idem per il maltese) con un totale di poco più di 5 milioni di abitanti contro la popolazione totale dei 27 paesi europei di 446 milioni.

E la lingua universale più Europea, ovvero l’Esperanto? Non pervenuta.

Sembrerebbe che gli Esperantisti Europei non siano veri cittadini europei e non abbiano quindi i diritti multi-linguistici che l’Europa sbandiera tanto anche con queste iniziative. Eppure l’Esperanto risolverebbe tanti problemi in Europa, garantendo veramente a tutti il diritto di parlare la propria lingua nativa, nazionale o non, minoritaria o non.

Facendo un parallelo, in Europa si è scelto di usare una valuta, l’Euro, una valuta “inventata”, che non esisteva se non da pochissimo tempo prima, e che si era iniziato ad usare solo per le transazioni finanziarie tra stati Europei. Si è scelto appositamente di non usare il dollaro per ovvi motivi di indipendenza economica, e di non usare una valuta nazionale (un esempio a caso, il Marco Tedesco) per non favorire una nazione europea rispetto alle altre.

E quindi ci rimangono un bel mucchio di domande, proviamo a risponderci:

  • E per le lingue cosa ha scelto l’Europa? Mi pare l’Europa abbia scelto di non scegliere.
  • Ma ha veramente “scelto”? Non mi pare se ne sia discusso o che se ne stia discutendo seriamente, soprattutto ora che non c’è più l’Inghilterra di mezzo.
  • E l’indipendenza culturale Europea dove va a finire? Ecco, la pervasività dei termini Inglesi, nelle lingue Francese, Tedesco e Italiano (per nominarne tre) sembra sia la risposta.
  • Chissà a chi giova “spingere” così l’Inglese? A tutti i paesi del Commonwealth, ovvero: USA, Canada, Gran Bretagna, Australia, Nuova Zelanda, tutti non Europei a parte la piccola Irlanda. “Cui prodest?”, si diceva un tempo nella lingua più parlata in Europa nell’antichità simbolo di un altro Impero, questa situazione? Certamente non a noi Europei.
  • Perché l’Europa, riempendosi la bocca di termini come “Multilinguismo” o “Diritti linguistici” di fatto ignora l’Esperanto come tutte le (tante) altre lingue minoritarie europee? La “ricchezza culturale linguistica”, lo sappiamo bene noi popolazioni del Trentino-Alto-Adige, è importantissima eppure non facciamo niente per preservarla, se non “operazioni di facciata” come sembra questa Giornata Europea delle Lingue.

Eppure l’Esperanto sarebbe almeno una risposta sulla carta validissima:

  • è, di fatto, una lingua minoritaria Europea (e mondiale) parlata da milioni di persone
  • ha una robusta base culturale (PEN Club, migliaia di pubblicazioni originali di letteratura, poesia e saggistica)
  • è basata sulle lingue Romanze (quindi di base latina) con elementi da tutta Europa, anche dall’Est
  • è semplice da imparare (servono mediamente 10 volte di meno ore di studio per raggiungere lo stesso livello di conoscenza per esempio in Inglese)
  • mette tutti gli stati europei sullo stesso piano, rispettando le culture locali, non privilegiando nessun “nativo”

Perché l’Europa non fa i propri interessi? Perché l’Europa non promuove ma ignora l’Esperanto?

Lingue Europa: una situazione discriminatoria e antidemocratica.

(Traduzione della lettera pubblicata dal partito francese “Europa Ecologia I Verdi”), vedere collegamento in fondo alla pagina con l’originale in Francese ed Esperanto)

1- Perché l’argomento è essenziale nel periodo e deve essere centrale nel 2022?

La politica europea della diversità linguistica è infatti solo una politica della legge del più adatto. L’attuale identità culturale europea è dominata dalla cultura anglosassone a scapito degli altri.

Stato di avanzamento dell’ “Unione nella diversità”: ufficialmente 24 lingue, comprese tre lingue di lavoro. Ufficiosamente più di 85 lingue e una sola lingua di lavoro. La situazione ufficiale e ancor più quella ufficiosa sono inaccettabili. Di fronte a ciò, il motto stesso dell’Unione europea sembra essere nel migliore dei casi cecità, nel peggiore dei casi ipocrisia.

Quali problemi pone la situazione linguistica? La questione linguistica in un contesto internazionale pone innanzitutto un problema di principio. In un momento in cui la questione della discriminazione è regolarmente al centro delle notizie ed è oggetto di accesi dibattiti, abbiamo ragione a chiederci perché questa considerazione della discriminazione sia parziale. Oggi, infatti, c’è un ampio consenso, almeno retoricamente, sulla necessità di condannare la discriminazione basata su sesso, etnia, religione, orientamento sessuale, impegno politico o sindacale, stato di salute, disabilità, ecc. ma è legittimo sorprendersi che la discriminazione basata sulla lingua materna non sia affatto riconosciuta come una questione importante. Tuttavia, il fatto che una lingua nazionale, la lingua madre di una minoranza, sia imposta come lingua franca in modo ufficiale o non ufficiale alla maggioranza, vale a dire ai popoli per i quali non è la lingua madre, è fondamentalmente antidemocratico.

L’attuale supremazia dell’inglese è un fatto prevalentemente coloniale: legato alla portata e al potere dell’ex impero britannico, poi notevolmente rafforzato dall’egemonia americana a partire dalla metà del XX secolo. Questo è il fondamento dell’ordine mondiale linguistico contemporaneo, disuguale come l’ordine razziale o patriarcale, eppure la discriminazione linguistica che ne deriva non riesce a raggiungere la cima delle agende politiche, un vero punto cieco nel dibattito contemporaneo. Gli esempi degli immensi vantaggi che questo quasi monopolio fornisce economicamente, ma anche culturalmente a coloro che sono madrelingua inglese, sono ben consolidati. Il rapporto del professor Grin per l’Haut Conseil alla valutazione della scuola (https://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_Grin) li ha valutati nel 2005 da 17 a 18 miliardi di euro solo per il Regno Unito … Un rapporto del Senato Francese nel 2009 stimato a 28 miliardi di euro la somma che il Regno Unito deriverebbe dall’adozione dell’inglese da parte dell’Unione, che è il caso de facto, che sia parte dell’UE o meno. E c’è chi afferma che il dominio culturale significa anche dominio di un modo di pensare e di vedere il mondo. Da trent’anni la National Education corre dietro a questo fenomeno, credendo che aggiungendo lezioni di inglese alla scuola primaria, o anche all’asilo, questa disuguaglianza sarà risolta. Se guardiamo al considerevole numero di ore complessivamente dedicate a questo insegnamento, i risultati sono mediocri. Da qui il desiderio sempre più frequente dei più fortunati di dare lezioni aggiuntive ai propri figli per poi mandarli a proseguire gli studi in università inglesi o americane, a un costo esorbitante. Ovviamente l’uscita del Regno Unito dall’UE evidenzia ulteriormente il lato assurdo e scandaloso dell’attuale situazione linguistica in Europa.

2-Qual è la visione degli ambientalisti sull’argomento? Come può trasformare la società?

Gli ambientalisti lavorano per un ecosistema linguistico che preservi lo spazio per ogni lingua in Europa e la protegga dall’imperialismo delle lingue dominanti. Questa politica di protezione della diversità delle lingue e del multiculturalismo ha recentemente fatto notizia quando sostenuta dalla senatrice Monique de Marco, senatrice della Gironda, vicepresidente della commissione per la cultura, l’istruzione e la comunicazione, ha adottato un disegno di legge per la promozione e la protezione delle lingue regionali. Con lo stesso obiettivo, gli ambientalisti propongono di promuovere come linguaggio di lavoro e di scambio l’uso di un linguaggio neutro, universale e semplice, che funge da linguaggio ponte. L’Esperanto, insegnato e parlato in 120 paesi da più di un milione di parlanti, con oggi una ricca cultura, può essere questa lingua ausiliaria. L’esperanto è una soluzione giusta perché è neutrale: non è un bene culturale di nessun paese in particolare. Le sue caratteristiche di affidabilità, precisione, flessibilità non sono più da provare, così come la facilità di apprendimento, rispetto a qualsiasi altra lingua. La scelta dell’Esperanto come lingua di scambio avrebbe altri vantaggi oltre al rispetto dell’equità linguistica:

  1. Rende l’apprendimento delle lingue più facile per tutti, studenti e adulti. Non solo l’Esperanto è la lingua più facile da imparare, ma facilita anche l’apprendimento di altre lingue straniere (vedere ad esempio l’esperienza dell’Istituto Cibernetico di Paderborn (https://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_Paderborn)
  2. La grammatica dell’Esperanto ha una chiarezza pedagogica essenziale: le nozioni di nome, aggettivo, verbo, soggetto, complemento, ecc. sono immediatamente evidenti. Questo rende anche più facile imparare la grammatica francese.
  3. Si ottengono risparmi attraverso un apprendimento più rapido (vedere il Rapporto Grin: L’insegnamento delle lingue come politica pubblica, 2005, citato sopra).
  4. Consente una più rapida assimilazione dei futuri flussi migratori (rifugiati climatici) per lo stesso motivo.
  5. Consente una migliore condivisione delle informazioni all’interno del partito (e in tutta Europa), avendo tutti gli articoli e i documenti in arrivo tradotti semplicemente in esperanto oltre alla lingua originale.

3- Proposte principali- Come implementarle una volta al governo?

(NB: La nostra commissione accoglie le proposte del programma BIEN VIVRE sulle lingue regionali)

Consapevoli della natura discriminatoria e antidemocratica della situazione linguistica in Europa, gli ambientalisti dimostreranno che è possibile cambiare questa situazione.

Ciò implica prima di tutto consentire una scelta per lo studio della 1a lingua straniera. Mentre questa scelta, sebbene spesso limitata, esiste ancora nell’istruzione secondari. Questa verrà ripristinata.

Per facilitare gli scambi e la comunicazione, in Europa e nel mondo, gli ambientalisti incoraggeranno l’insegnamento dell’esperanto a tutti i livelli scolastici, nella scuola primaria grazie al programma “Acceleratore del multilinguismo”, nella scuola secondaria con la creazione di un CAPES in Esperanto e la creazione di un’opzione “Esperanto” al bac, in attesa della graduale generalizzazione del suo insegnamento.

Basati sui valori di pace, tolleranza e rispetto per tutte le culture, trasmessi storicamente dall’Esperanto, si incoraggeranno i progetti Erasmus che utilizzano questa lingua, pubblicizzando le esperienze che hanno avuto luogo e sostenendo insegnanti e istituti di volontariato.

L’articolo originale di cui questa è la traduzione: